L’8 Agosto 1956, a Marcinelle, Belgio, 262 minatori morirono per il crollo di una miniera. Centotrentasei di questi minatori erano italiani, cinque siciliani.
Erano in Belgio per lavorare, per scappare dalla miseria, dalla povertà, migranti economici barattati dallo stato italiano per il carbone, in base a quel protocollo italo-belga che prevedeva l’invio di manodopera a basso costo in cambio di materia prima.
Operai ammassati in abitazioni fatiscenti, dopo un viaggio assurdo di 8-10 giorni fino a Milano e lì ammassati in treni bestiame, chiusi per evitare che qualcuno potesse avere un ripensamento. Lì subirono razzismo e sfruttamento; le osterie del paese esponevano scritte del tipo “vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”, venivano massacrati di lavoro all’interno della miniera di Bois du Canzier.
Venduti per un sacco di carbone, vittime di un sistema che ancora oggi uccide.
Dopo 65 anni si continua ad emigrare in cerca di un futuro migliore; dopo 65 anni, i lavoratori siciliani continuano a soffrire le malefatte di un sistema marcio.
“Li mineri di lu Belgiu, li mineri di carbuni: sunnu niri niri niri comu sangu di draguni”(Da “Lu trenu di lu suli” di Ignazio Buttitta)
In ricordo dei cinque siciliani uccisi dal crollo:
Di Baio Carmelo, anni 36, nato a Montaperto (Agrigento);
Campisi Sebastiano, anni 41, nato ad Augusta (Siracusa);
Indorato Gaetano, anni 45, nato a Sommatino (Caltanissetta);
Piluso Salvatore, anni 34, nato a Caltagirone (Catania);
Reale Calogero, anni 34, nato a Montaperto (Agrigento).
Figli di Sicilia
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