LA RIVOLUZIONE SICILIANA DEL 1848
La Rivoluzione siciliana scoppiata il 12 Gennaio del 1848, rappresentò uno dei momenti più difficili per la monarchia borbonica, preludio del tracollo che 13 anni dopo la casa reale duo siciliana subì come conseguenza del processo di unità nazionale.
L’importanza dell’avvenimento ha portato la storiografia a collegarlo con il Risorgimento, in virtù del fatto che alcuni tra i fautori furono protagonisti, negli anni successivi, della lotta per l’Unità d’Italia; per di più, la Rivoluzione del 1848 si contraddistinse per l’adozione del tricolore con l’antico simbolo della Trinacria al centro, portando così ad identificare tale rivolta come ribellione antiborbonica in chiave unitaria. Tutto ciò getta oscurità sulle reali intenzioni di questa sollevazione che nei fatti fu di matrice indipendentista.
LE CAUSE DELLA RIVOLTA
Rivolte antiborboniche contraddistinsero i primi anni dell’Ottocento in Sicilia. Dopo la definitiva cancellazione dell’identità geopolitica siciliana con la nascita del Regno delle Due Sicilie (1816), il sentimento autonomista isolano crebbe e si profuse nella stragrande maggioranza della popolazione. La costituzione liberale del 1812, imposta dai baroni siciliani ai regnanti borbonici in esilio a Palermo per l’avanzata napoleonica, venne rigettata da Ferdinando I (che frattanto era tornato ad occupare il trono di Napoli) quattro anni dopo, provocando l’ira del ceto baronale. Si arrivò così ai moti del ’20-’21 e successivamente anche a quelli del ’37, entrambi repressi senza grossi sforzi dalle autorità regie.
Diversa invece, fu l’evoluzione della rivolta del 1848.
Da un punto di vista economico, l’isola soffriva le decisioni dei Borboni che attuarono una politica economica liberista all’interno ed una protezionistica verso l’esterno che impediva così un concreto sviluppo dell’economia siciliana; chiaramente, tale scelta andava a favorire le imprese napoletane, lasciando la Sicilia in una situazione di inferiorità.
In più, le idee liberali e democratiche si diffondevano in quel periodo in tutta Italia, penetrarono anche nell’isola dove però alla Repubblica Italiana “una, libera, forte, indipendente da ogni supremazia straniera e morale” (Mazzini), si sostituiva il sogno di una Sicilia indipendente confederata agli Stati italici.
In un clima di fortissima tensione, dunque, la polizia borbonica intensificò i controlli per contrastare una probabile sollevazione; cosa che avvenne in maniera del tutto casuale: il 9 Gennaio 1848, infatti, sui muri di Palermo comparvero numerosi volantini a firma di Francesco Bagnasco che così esortava i siciliani alla rivolta:
“Siciliani! Il tempo delle preghiere inutilmente passò! Inutili le proteste, le suppliche, le pacifiche dimostrazioni, Ferdinando tutto ha spezzato; e noi, popolo nato libero, ridotto fra le catene della miseria, tarderemo ancora a riconquistare i legittimi diritti? Alle armi, figli di Sicilia! La forza di tutti è onnipotente: l’unirsi dei popoli è la caduta dei re. Il giorno 132 Gennaio segnerà l’epopea gloriosa della universale rigenerazione”.
Tale incitamento non rimase inascoltato e la sera del suddetto giorno, una grande folla si radunò in Piazza Fieravecchia (oggi Piazza Rivoluzione) dando il via alla rivolta.
In pochi giorni si creò un Comitato Provvisorio composta da: Tommaso Santoro, Giacinto Carini, Salvatore Porcelli, Giuseppe La Masa, Rosolino Pilo, Rosario Bagnasco, Vito D’Ondes Reggio, Damiano Lo Cascio, Sebastiano Corteggiani, Pasquale Bruno, Mario Palizzolo, Giulio Ascanio Enea, i tre fratelli Cianciolo, Giuseppe Oddo-Barone, Leonardo Di Carlo, Giovanni Faija, il Barone Bivona, il Principe di Villafiorita, Salvatore Castiglia, Filippo Napoli, Vincenzo Fuxa, il Principe di Grammonte. Tale Comitato venne successivamente sostituito da uno generale con a capo il liberale Ruggero Settimo.
Ceti intellettuali, baronali e masse popolari si coalizzarono per contrastare il tentativo di repressione delle truppe borboniche, affermando così l’insurrezione.
IL BREVE PERIODO DI INDIPENDENZA
In poco tempo la sollevazione coinvolse i centri del palermitano arrivando fino alla Sicilia Orientale con l’insurrezione di Messina prima e quella di Catania poi. Nell’arco di un mese i rivoluzionari cacciarono fuori dall’isola i Borbone, rifiutarono la proposta del Re Ferdinando II di concedere una nuova Costituzione e nominarono un governo provvisorio con a capo Ruggero Settimo.
Il 23 Marzo, dopo le elezioni, venne dichiarata la nascita dello Stato di Sicilia ed inaugurato il Parlamento; il 1 di Aprile venne proclamata l’adesione della Sicilia libera e indipendente ad una federazione di stati italiani.
Tuttavia, la diversa visione del futuro e i contrasti ideologici fortemente presenti all’interno Parlamento, indebolirono il neonato governo. Per di più, diverse forze esterne inizialmente favorevoli alla rivolta (ad esempio il Regno Unito), a poco a poco abbandonarono l’interesse verso i fatti di Sicilia.
Diversi governi si avvicendarono nel tentativo di salvare il progetto, ma tutto fu vano.
I Borboni contrattaccarono il 3 Settembre 1848, bombardando senza tregua la città di Messina, difesa valorosamente dai suoi cittadini. I combattimenti continuarono in tutta l’isola fino al 15 Maggio 1849 quando il Generale borbonico Filangieri prese possesso della città di Palermo.
LA FINE DI UN SOGNO
Vale la pena soffermarsi sul carattere indipendentista della rivolta, ancora oggi poco considerato o peggio cancellato.
Eppure fu proprio questo desiderio a smuovere i siciliani e ad organizzare la rivolta; con l’avanzata della classe borghese, tale idea, presente maggiormente nel ceto aristocratico, trovò terreno fertile all’interno della classe media e soprattutto tra gli intellettuali che fecero fronte comune con i nobili per una Sicilia indipendente.
La massa popolare, seppur priva di una chiara visione ideologica, dimostrò sempre il proprio valore nella difesa della propria identità; d’altronde, l’adesione ai movimenti unitari e il contributo dato successivamente dal popolo siciliano al Risorgimento, deve essere oggi letto anzitutto in chiave antiborbonica e soprattutto in chiave autonomista.
La rivoluzione del 1848 dimostrò chiaramente queste intenzioni.
Figli di Sicilia
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