Tra il 1892 e il 1894, la Sicilia fu teatro di una delle più importanti esperienze di mobilitazione collettiva. Operai ma soprattutto contadini, aderenti al movimento dei Fasci Siciliani dei Lavoratori, si organizzarono in maniera massiccia, determinati a far valere i loro diritti. Un fatto estremamente importante che, tuttavia, ancora oggi, non trova la giusta considerazione, venendo declassata a semplice rivolta di disperati.
Così non fu. E basta conoscere le figure organizzatrici per rendersene conto; tutti uomini colti e determinati, uniti da una ideologia e da un comune senso d’unione. I Fasci Siciliani dei Lavoratori furono il primo vero esempio di lotta sindacale.
Per poter parlare di questi personaggi, però, è doveroso descrivere in breve il contesto storico ed economico siciliano di quegli anni.
La causa del rapido sviluppo dei Fasci va individuata nella crisi che l’economia nazionale visse in quegli anni; l’avanzata delle idee socialiste e l’attenzione del Cattolicesimo nei confronti delle classi proletarie e contadine, diedero un maggiore impulso (nel 1892 nacque il Partito dei Lavoratori Italiani poi ridenominato Partito Socialista Italiano e un anno prima, nel 1891, venne pubblicata l’enciclica Rerum Novarum di Papa Leone XIII). Ultimo, ma non meno importante, lo scandalo della Banca Romana del 1893 che portò ad una crisi bancaria e alla caduta del governo Giolitti.
Che una rivolta avvenisse proprio in una delle regione meno industrializzate del paese, non è cosa strana, anzi, fu proprio la conseguenza di una società, quella italiana, che stava avviandosi verso un tipo di economica capitalistica. Se è vero che ad essere protagonista fu la classe contadina (sicuramente più forte e numerosa in un sistema economico prevalentemente agricolo), allora si può dire senza remore che i Fasci portarono alla luce quella Questione agraria che caratterizzò anni di lotta in Sicilia, almeno fino agli anni ’60 del Novecento.
Cerchiamo dunque di comprendere la situazione economica di quel periodo: tra il 1860 e il 1885 le industrie minerarie dello zolfo e l’agricoltura avevano fatto significativi passi in avanti, progredendo nei mercati nazionali ed internazionali. La produzione di olio, grano e vino era significativamente aumentata.
La crisi successiva e conseguente scelta protezionistica, ridusse fortemente le esportazioni e diversi settori non vennero adeguatamente difesi. I mercati tedeschi, austriaci e statunitensi subirono una grossa perdita e la guerra doganale con la Francia distrusse molta della produzione isolana del vino. Si aggiunga, inoltre, la diffusione della fillossera (insetto che distrugge le radici delle viti).
La crisi successiva e conseguente scelta protezionistica, ridusse fortemente le esportazioni e diversi settori non vennero adeguatamente difesi. I mercati tedeschi, austriaci e statunitensi subirono una grossa perdita e la guerra doganale con la Francia distrusse molta della produzione isolana del vino. Si aggiunga, inoltre, la diffusione della fillossera (insetto che distrugge le radici delle viti).
La gente iniziò a non avere più il pane nè il denaro per pagare le tasse. Bisogna puntualizzare un aspetto determinante, ossia che in Sicilia a beneficiare principalmente dei periodi positivi furono comunque i grandi proprietari terrieri; essi avevano accresciuto i loro possedimenti e gli effetti della crisi non furono da loro percepiti. I gabelloti (subaffittuari che scaricavano sulle spalle dei contadini i maggiori oneri, mafiosi che guadagnavano grazie alla fatica dei lavoratori) riducevano quanto più possibile la parte di prodotto destinata al contadino, affamandolo.
Il contratto di mezzadria, preferito dai contadini, venne sostituito con quello del terraggio: il lavoratore poteva portare a casa qualcosa solo se la produzione superava le 6-7 sementi; in caso contrario, il terraggere tornava a casa dopo un anno di lavoro, senza niente in mano. La classe rurale si organizza per cambiare tutto ciò.
Non bisogna poi dimenticare l’aspetto politico che contraddistinse il movimento; come detto precedentemente, nel 1892 nacque il Partito Socialista ma già da anni, in Italia, organizzazioni di lavoratori si erano messe in moto. Il proletariato industriale era sicuramente maggiore nel Nord Italia, a dfferenza della Sicilia, dove comunque i lavoratori delle industrie non svolgevano ruolo passivo. Da tempo, infatti, in Sicilia, società operaie erano presenti soprattutto nella parte orientale dell’isola; pochissimi, però, erano i complessi industriali presenti ed era difficile poter trovare una classe proletaria compatta ed organizzata. Fonderia Oretea e officine ferroviarie andavano a comporre lo sterile complesso industriale dell’isola.
Il tessile, una volta attivo e ricco, era stato penalizzato e sacrificato per lo sviluppo delle industrie settentrionali.
Intanto, le idee socialiste si diffondevano tra gli intellettuali e giovani studenti. Numerose riviste nascevano tra cui “L’Isola”, ma soprattutto venivano alla ribalta uomini e idee destinate a cambiare la scena politica siciliana. Come Rosario Garibaldi Bosco.
Il tessile, una volta attivo e ricco, era stato penalizzato e sacrificato per lo sviluppo delle industrie settentrionali.
Intanto, le idee socialiste si diffondevano tra gli intellettuali e giovani studenti. Numerose riviste nascevano tra cui “L’Isola”, ma soprattutto venivano alla ribalta uomini e idee destinate a cambiare la scena politica siciliana. Come Rosario Garibaldi Bosco.
ROSARIO GARIBALDI BOSCO
Nato a Palermo nel 1866 da Niccolò, impiegato del Comune e Teresa Patorno, Rosario partecipa alla vita politica locale sin da giovanissimo; appena quindicenne, infatti, aderì ai movimenti repubblicani e radicali.
Diplomatosi in Ragioneria, continuò con maggiore determinazione la sua attività politica, fondando un circolo radicale che indirizzò verso l’anarchismo.
Dividendosi tra la politica ed il lavoro (venne assunto in una ditta come contabile), Rosario si dimostrò sempre determinato e solidale. La conoscenza con Napoleone Colajanni, (figura principale dei radicali repubblicani siciliani), accrebbe ulteriormente le sue conoscenze e i suoi studi sui movimenti operai, costituendo a Palermo il primo comitato per la formazione di colonie agricole sperimentali.
Si recò a Milano e a Parigi poi, dove conobbe e si interessò all’esperienza sindacale de la Bourse du Travail; imparò molto e al suo ritorno si adoperò alla realizzazione e costituzione del Fascio dei Lavoratori di Palermo.
L’esperienza dei Fasci portò lui e gli altri capi del movimento alla ribalta nazionale. Aderì al socialismo ed entrò a far parte del neonato Partito Socialista Italiano. Tale fu la corrente che i Fasci presero, abbandonando di fatto le idee precedenti radicali. Una sorte di evoluzione politica che però non fu mai pienamente accettata dagli altri dirigenti, o meglio era per loro difficile accettare quel legame con il Partito.
Gardibaldi Bosco, che inizialmente lavorò per un pieno coinvolgimento degli operai palermitani (e vi riuscì), si rese conto di come in realtà ad essere protagonista era effettivamente la classe contadina. Le terribili condizioni cui erano sottoposti e la mancanza di una stabilità, furono cause che concorsero al dilagare dei Fasci e del socialismo nelle campagne. La strage di Caltavuturo, che scosse profondamente il nostro, avvenuta il 20 Gennaio 1893, aumentò il malcontento e di conseguenza le adesioni. Più di 175 Fasci nacquero in tutta l’isola e 300000 fu il numero dei contadini iscritti. Quel gonfalone lasciato a Palermo dagli operai milanesi del Consolato Operaio anni prima, veniva ripreso da Rosario Garibaldi Bosco il 4 Dicembre 1892; un segno che a Palermo era nata una vera organizzazione di lavoratori. Da qui il percorso dei Fasci fu sorprendente per tutti, probabilmente anche per lo stesso Bosco.
Nel Maggio del 1893 il nostro organizzò due congressi: uno dei Fasci, l’altro del Partito Socialista. Lo scopo suo, infatti, efu quello di legare l’organizzazione sindacale siciliana al PSI, perseguendo così un obiettivo sostenuto da tutti i socialisti. Ma dovette scontrarsi con una forte opposizione anarchica e autonomista (sostenute principalmente da De Felice e Noè) e di fatti la sua intenzione venne bloccata o quanto meno, non vi riuscì pienamente. Tuttavia, un grande risultato fu prodotto il 3 Gennaio 1894, quando il Comitato Direttivo, basandosi sulle richieste del Congresso di Corleone (31 Luglio 1893), mandò al governo centrale un civile manifesto di riforme. Il governo Crispi, però, insediatosi dopo la caduta di quello Giolitti, aveva già messo in moto la macchina della repressione; il generale Morra di Lavriano, pochi giorno dopo il manifesto, emanò lo stato d’assedio e instituì i Tribunali militari. Diverse furono le stragi commesse dai soldati (Marineo, 18 morti; Pietraperzia, 8 morti; Giardinello, 11 morti) in risposta alle continue manifestazioni e altrettanti furono gli arresti. Tutti i dirigenti vennero trattati come delinquenti e sottoposti ai Tribunali militari.
Rosario Garibaldi Bosco venne condannato a 12 anni per incitamento alla guerra civile; fece 27 mesi nel carcere di San Gimignano e 6 in quello di Paliano.Venne rilasciato a marzo del 1895 per amnistia. Il Partito Socialista (che aveva deciso di non schierarsi apertamente con i Fasci), riuscì a farlo eleggere, durante la sua permanenza in carcere, al Collegio di Palermo nel Maggio del 1895.
Il 17 Maggio 1896 durante un discorso pubblico e successivamente pubblicando Il Memorandum, rivolgendosi al commissario civile Codronchi, dichiarò di favorire una politica più regionalistica così da favorire la risoluzione di quella Questione Siciliana mai effetivamente risolta. Ma per fare questo, bisognava prima vedere in Sicilia quella rivoluzione borghese mancata e determinante per la fine del “feudalismo imperante”. Occupò diverse cariche amministrative e si fece promotore di quella corrente moderatrice che però non attecchì mai del tutto.
Ritiratori dalla vita politica, morì nel Dicembre del 1936.
Queste le sue parole, pronunciate durante il processo contro i Fasci:
“sarebbe bastato che pochi di noi impugnassero un fucile ed inforcassero un cavallo per ridurre la Sicilia in fiamme in sole 24 ore. Noi non lo volemmo allora, non lo vogliamo adesso, anche dopo tanti dolori, non lo vorremo mai, finché non si sarà compiuta la grande rivoluzione delle coscienze umane”.
Dedicheremo il nostro prossimo articolo alla figura di Giuseppe De Felice Giuffrida, altro promotore dei Fasci Siciliani dei Lavoratori e membro del Comitato Direttivo.
Figli di Sicilia
Fonti: Salvatore Francesco Romano, Storia dei Fasci Siciliani, 1959, Editori Laterza
Francesco Renda, I Fasci Siciliani 1892-94, 1977, Piccola Biblioteca Einaudi
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