Nel 1945 l’emanazione dei Decreti Gullo riformò la legislazione agraria, dando ai contadini forti strumenti di lotta per la difesa dei propri diritti.
In Sicilia molti di essi, riuniti nella Confederterra, lottarono con tutte le loro forze per portare avanti le battaglie agrarie, tra cui quella per la giusta ripartizione del prodotto lavorato.
I decreti, infatti, prevedevano il rinnovo automatico dei contratti agrari, impedendo in tal modo gli sfrati, strumento usato dai proprietari terrieri e dalla mafia per impedire appunto ai contadini l’applicazione della legge del 60 e 40.
Applicare i decreti nell’isola non fu semplice e per la Confederterra siciliana negli anni seguenti, si avvalse del lavoro legale e sindacale di un gruppo di giovani avvocati che si premurarono di elaborare, tra le tante cose, una circolare sul diritto dei contadini alla legittima difesa. Ed il caso Giordano su emblematico in tal senso.
Egli era Presidente del Consiglio del Feudo Pescazzo (Caltanissetta), nonché contadino. Dopo aver proceduto alla corretta ripartizione del prodotto del suo lavoro, portò con sé quel 60% che gli spettava di diritto; ma la sera un gruppo di mafiosi si presentò davanti casa sua chiedendo esplicitamente il 50%.
Giordano si rifiutò, intimandoli di andar via; la risposta fu una violenta raffica di colpi diretti alla sua abitazione. Rivendicando ciò che era suo di diritto e vedendo i familiari in pericolo di vita, il Nostro rispose al fuoco con il suo fucile da caccia regolarmente denunciato, uccidendo due mafiosi.
Dopo un anno di carcere, Giordano venne liberato e prosciolto dall’accusa di omicidio.
Dopo quel fatto, in quella zona nessun mafioso osò più aggredire contadini e nessun sindacalista venne più minacciato.
Nicola Cipolla nel suo “Diario di un social comunista siciliano” racconta dettagliatamente il fatto.
Giordano divenne un simbolo della Resistenza contadina siciliana contro la mafia.
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