Le notizie degli ultimi giorni che ci arrivano dall’Afghanistan dimostrano chiaramente i danni che l’imperialismo occidentale ha prodotto e continua a produrre nel mondo. In nome e per conto di una democrazia made un USA, si occupano territori con il solo fine di creare il caos, tutto per motivazioni geopolitiche ed economiche.
Guidati da un colonialismo sfrenato, mai scomparso, l’Occidente devasta proclamando quei diritti universali che altro non sono se non un prodotto euro-statunitense. E noi popoli occidentali ci siamo sempre trincerati dietro al credo dei buoni (noi) contro i cattivi (gli altri), seguendo quella linea di demarcazione che già in epoca antica distingueva i greci e i romani dai cosiddetti barbari, intesi come popoli estranei alla cultura occidentale.
Eppure, esistono mondi che hanno concezioni diverse di “diritti” e di “nazione”, culture differenti dalle nostre, modi e costumi lontani dai nostri. Ma a noi piace pensare a quei popoli come quelli “sbagliati”, in errore. E su questo le potenze soverchiatrici ci hanno costruito e ci costruiscono imperi.
L’Afghanistan è uno di questi casi. Terra antichissima, situata in Asia centro-meridionale, negli ultimi anni è stata spesso protagonista dei mass media; dalla guerra contro l’Unione Sovietica (tristemente definita dall’Occidente “invasione”), fino ai tragici attentati alle Torri Gemelle del 2001, arrivando all’occupazione del territorio afghano da parte delle potenze euro-statunitensi, in nome e per conto della “guerra al terrorismo”. Fino ad oggi, con la conquista del potere (di nuovo) del movimento politico-religioso islamico dei talebani (ovvero “gli studenti”).
Chi sono i talebani?
Si tratta di un gruppo politico – religioso- militare creatosi all’interno del più vasto movimento dei mujaheddin che lottò contro le truppe sovietiche giunte in aiuto del legittimo governo democratico afghano, loro alleato, negli anni che vanno dal 1979 al 1989. Finanziato da USA, Gran Bretagna, Pakistan, Arabia Saudita, in funzione antisovietica, il movimento chiedeva la deposizione del governo di Noor Mohamed Taraki, giunto al potere dopo aver spodestato il precedente governo di Mohammed Daoud Khan. Le riforme del governo Taraki, fortemente laiche e socialiste, incontrarono una fortissima resistenza soprattutto nelle zone rurali dove forte era l’islamismo che decise di organizzarsi militarmente dando vita all’organizzazione dei “combattenti per la fede”, appunto i mujaheddin, che trovarono subito l’appoggio delle potenze occidentali.
Cominciò così la guerra civile afghana.
Nel settembre del 1979 Taraki venne spodestato da Hafizullah Amin che decise di aprire colloqui sia con gli islamisti sia con gli USA, senza però rinunciare alla difesa militare, avallando l’entrata nel paese dell’esercito di Mosca. Lo stesso Amin più tardi si rese protagonista di una dura repressione fortemente condannata anche dall’Unione Sovietica che sospettò un suo legame con la CIA. La sua morte avvenuta per mano del KGB nel dicembre del 1979, portò alla nomina di una serie di Presidenti: Babrak Karmal (dal dicembre 1979 al novembre 1986), Haji Mohammad Chamkani (dal novembre 1986 al settembre 1987) ed infine Mohammad Najibullah, ultimo Presidente della Repubblica Democratica Afghana ucciso nel settembre 1996.
L’Armata Rossa in soli tre giorni arrivò a Kabul, la capitale afghana, provocando la dura reazione degli Stati Uniti che promossero un embargo e il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca del 1980 (a questa proposta aderì la politica italiana perfettamente allineata alle politiche atlantiste, tra cui tristemente anche il Partito Comunista Italiano che ormai di comunista aveva ben poco).
I mujaheddin decisero allora di intraprendere azioni di guerriglia in montagna, dove più difficile diventava per i russi contrastarli; in quegli anni emersero figure di spicco all’interno del movimento islamista tra cui Ahmad Massud definito “Il Leone del Panshir” ed il famoso sceicco saudita Osama Bin Laden.
Il protrarsi della guerra e la crisi che colpì l’URSS fino al suo discioglimento portò Mosca a prendere la decisione di ritirarsi nel febbraio del 1989.
La coalizione islamista sunnita, intanto, tentò di trovare un’unità al suo interno creando nel 1981 “l’Unità Islamica dei Mujaheddin Afghani”, frantumatasi poco tempo dopo in due gruppi a loro volta divisi in fazioni interne in base alle nazionalità soprattutto, tra cui le più famose “La Società Islamica” di Massud e il “Partito Islamico di Gulbuddin” con maggiori sostenitori. Tra queste numerose fazioni il nome di Bin Laden diventava sempre conosciuto e sembra sia nata in quei contesti l’organizzazione di “Al Qaida”.
Vi erano anche gli sciiti esclusi però dalle organizzazioni sopracitate ed organizzati in due principali fazioni: il “Consiglio Rivoluzionario” e “Organizzazione per la vittoria” quest’ultima finanziata dall’Iran.
Dopo il ritiro delle truppe sovietiche e l’evidente debolezza dell’esercito afghano, il paese entrò in una fase della guerra civile ancora più dura. Le varie fazioni di mujaheddin ruppero i rapporti tra loro, dichiarandosi guerra a vicenda; si lottava per il potere.
Il Presidente della Repubblica afghana, Najibullah, eletto nel settembre 1987. cercò di aprire al multipartitismo. ma la repubblica era ormai destinata a scomparire. Ridotto al controllo della sola Kabul, Najibullah tentò di mediare con i gruppi islamisti, arrivando ad un accordo con Massud nel 1991, ma rifiutato dalla maggior parte dei gruppi islamisti.
Il crollo dell’Unione Sovietica, principale partner commerciale del paese, fu la mazzata finale per il paese asiatico; nell’aprile del 1992 il Presidente lasciò il potere rifugiandosi presso gli uffici dell’ONU, venendo sostituito da Burhanuddin Rabbani, uno dei capi della resistenza islamista. Tuttavia questo non portò la pace, anzi si intensificarono gli scontri tra i gruppi ribelli. Tra questi emersero i Talebani che in poco tempo riuscirono a prevalere. avendo un forte sostegno da parte degli afghani di etnia pashtun e soprattutto del Pakistan e dell’Arabia Saudita, oltre a godere di un forte appoggio nelle zone rurali.
Guidati dal Mullah Mohammed Omar, in poco tempo arrivarono a Kabul e nel settembre 1996 salirono al potere, governando su quasi tutto il territorio afghano. Furono loro a decretare la morte dell’ex Presidente Najibullah, prelevato dalla sede ONU dov’era nascosto. Venne ucciso con un colpo alla testa.
I Talebani hanno governato l’Afghanistan dal 1996 al 2001, attuando una politica islamista di tipo wahhabita, la corrente più estremista dell’Islam (la stessa attuata in Arabia Saudita), mischiandola con la tradizione popolare pashtun ed applicando la shari’a (legge islamica) integralmente nella politica interna.
Dopo gli attentati alle Torri Gemelle del settembre 2001 ad opera di terroristi legati ad Al Qaida, i Talebani vennero accusati dal governo USA di proteggere elementi di spicco dell’organizzazione terroristica, tra cui il capo Osama Bin Laden (poi trovato ed ucciso in Pakistan il 2 maggio 2011 da forze speciale USA); l’invasione avvenuta a fine settembre dello stesso anno, spodestò il gruppo di studenti coranici che si rifugiarono nelle zone di montagna, Pashtunistan, riprendendo la guerriglia e controllando territori interni. Al loro posto subentrò Hamid Karzai, ex guerrigliero e contatto della CIA durante quegli anni di guerra civile, eletto nel 2004, fedele alleato degli USA. Ricoprì la carica di Presidente fino al 2014. Nel settembre dello stesso anno, Ashraf Ghani venne eletto nuovo Presidente dell’Afghanistan; cresciuto nelle scuole ed università statunitensi (dove ha anche insegnato), ha lavorato per la Banca Mondiale fino alle elezioni.
Negli anni che vanno dal 2001 fino al 2021, l’Afghanistan ha visto la presenza al suo interno di diversi eserciti europei oltreché USA, inviati per missioni di addestramento e lotta al terrorismo, mantenendo il paese in un perenne stato di occupazione straniera. Anche l’Italia ha partecipato, spendendo 8,7 miliardi di euro in due decenni, contando 53 militari morti e 700 feriti nelle missioni “Enduring Freedom” e “Resolute Support”. Nel giugno del 2021 l’ultimo contingente militare italiano ha lasciato l’Afghanistan; lo scorso luglio ad andare via sono stati gli statunitensi.
E arriviamo così ai recenti fatti; la presa di Kabul senza colpo ferire dei Talebani e la fuga di Ghani in Tagikistan, di fatto rendono quell’occupazione senza senso se la si guarda dalla prospettiva puramente propagandistica (ovvero addestramento truppe locali e “democratizzazione” del paese), ma perfettamente in linea con le politiche imperialiste. Gli accordi stipulati tra i Talebani (guidati adesso dal Mullah Baradar) e gli USA nel febbraio 2020 a Doha, davanti a Unione Europea e Nazione Unite, sembrano rientrare perfettamente in questa ottica; in quell’accordo gli USA si impegnarono a lasciare il paese e i Talebani a rinunciare ad ogni forma di legame con il jihadismo locale e transnazionale, escludendo da quegli accordi proprio il governo afghano in carica (sic!), di fatto sacrificato, come abbiamo potuto constatare. La presa delle grandi città fino a Kabul senza sparare un colpo, dimostra la totale incapacità di un esercito, quello afghano che di certo non aveva di fronte corazzate irresistibili; ci chiediamo quindi a cosa siano servite tutti le morti avvenute in vent’anni, non solo tra i soldati in missione, ma anche e soprattutto tra i civili afghani che negli anni non hanno mai smesso di vedere missili e bombe cadere sopra le loro teste; ci chiediamo quale sarà adesso la mossa del governo talebano, se di totale asservimento agli USA o di scelte alternative; di certo per gli Stati Uniti gettare il caos e nello stesso momento avere un fidato alleato in quella regione significa creare scompiglio agli eterni rivali cinesi e russi, in un’ottica geo-politica squisitamente imperialista.
Essendo noi sostenitori del principio di autodeterminazione dei popoli, non possiamo non condannare queste forme di dominio, dichiarandoci antimperialisti e per l’indipendenza.
CUNTRA ‘MPERIALISMU E GLUBALIZZAZIONI, NNIPINNENZA!
Figli di Sicilia
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